"Sento che qualcosa è diverso ora. Non posso ignorare certe cose. Non cose di questo tipo.
Se penso a come è iniziato mi sembra incredibile, non avrei mai pensato di poter raccontare nulla di tutto ciò. Mi lamentavo di avere una vita noiosa, inappagante, scontata. Provavo immaginare cosa avrebbe mai potuto rompere questa costante monotonia, che perdurava da troppo tempo. Pensavo ad un nuovo lavoro, una nuova casa, quella dei propri desideri, una nuova relazione, finalmente quella giusta che irrompe e stravolge la propria vita, contrassegnandola indelebilmente.
Nulla di tutto ciò avvenne.
Capitò invece che mi coricai una sera, stanco per la giornata passata a litigare con dei fornitori e a sistemare pratiche complesse, dalle quale pensavo sarebbe dipesa la mia promozione o almeno un aumento di stipendio (dio come rido a pensare a quanto inutili e miserrime mi sembrano ora queste faccende...).
Appena coricato sul letto, ancora vestito mi cullavo in quel momento di indolenza in cui si cercano le forze per infilarsi il pigiama e sprofondare definitivamente tra le coperte. Sono sempre stato un uomo pignolo e l'idea di assopirmi vestito oggettivamente mi infastidiva. Ma il sonno arrivò prima: avvertii che vi stavo sprofondando in modo lento e inesorabile, senza avere le forze di ostacolare in alcun modo la sua discesa.
Vidi tutto diventare progressivamente ombroso, poi scuro, poi buio. Mentre già mi sentivo galleggiare in quel buio sentii qualcosa. Una voce. E mi svegliai.
Era una voce profonda, dal timbro deciso. Avrei giurato che essa avesse profferito non più di tre vocaboli, parole che non ero in grado di ripetere ma che mi parevano solo distanziate, brevi e pronunciate con tono calmo e solenne.
La cosa strana però di quella voce non stava nel tono o nel significato delle parole che non coglievo, ma nel fatto che essa fosse incredibilmente vicina. Quasi come se colui che avesse pronunciato tali parole fosse stato in piedi a fianco del mio letto, o a pensarci bene, si fosse sporto sopra di me, visto che le parole mi sembravano provenire dall'alto.
Avrò lasciato la televisione accesa. Ovviamente no. Sarà stato uno di quei insopportabili rimproveri del mio capo che mi è rimasto nelle orecchie, dal resto vivo a stretto contatto con quell'uomo ributtante almeno otto ore ogni giorno e forse questo è il classico segnale che di lui, di questo schifoso lavoro e della vita che faccio ne ho abbastanza.
Anche questa spiegazione però non mi convinceva: sentivo, sapevo che quella voce era diversa.
Perché pensarci tanto poi? Sembravo quasi turbato. Alla fine mi sono solo svegliato di soprassalto e quella voce era solo parte di un sogno di cui non ricordo nulla. Più importante era rimettersi a dormire, che era già tardi e il giorno seguente mi avrebbe aspettato un'altra giornata estremamente spossante.
E invece quella voce continuava a restarmi impressa: sebbene confuse e incomprensibili, quelle tre-quattro parole udite nel buio del sonno mi avevano completamente catturato e non riuscivo a smettere di pensarci. Il motivo era tutto sommato comprensibile, quasi evidente, anche se ero restio ad ammetterlo a me stesso, perché turbava il consueto, logico e razionale equilibrio che quotidianamente costruivo intorno a me.
Quella voce e quelle parole incomprensibili rimanevano impresse nella mia mente perché, per ragioni che non ero in grado di spiegare, sembravano rivolgersi proprio a me, chiamandomi..."
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